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Persone sottoposte a profilazione

La profilazione

Un puzzle fatto con i pezzi della nostra identità

Navigando sul web, cercando di chiudere un coockie banner, scrollando rapidamente un’informativa privacy, è facile imbattersi nel termine “profilazione”. Si tratta di una parola il cui significato può essere percepito facilmente. Le sue implicazioni sono però il più delle volte ignorate di fronte all’impellenza di visitare un sito, leggere un post o fare un acquisto.

COS’È LA PROFILAZIONE?

La profilazione è la raccolta delle informazioni personali di un individuo riguardo agli ambiti più disparati: gusti, abitudini, comportamenti, stato di salute, credo religioso, schieramento politico e così via. Ciascuna di queste informazioni viene utilizzata per classificare, ovvero applicare alla persona una moltitudine di etichette in grado di descriverla quanto più accuratamente possibile.

COME AVVIENE LA PROFILAZIONE DEI DATI?

La profilazione dei dati può essere effettuata in diversi modi, sia online che offline. Il metodo più classico è quello del questionario. Uno scenario tipico è quello dell’assicurazione, la cui finalità di profilazione è classificare il grado di rischio di incidente costituito dal contraente.

Una tecnica più moderna e meno trasparente è quella che viene effettuata online. La può applicare qualsiasi azienda abbia un sito internet con attivati i software di tracciamento quali Google Analytics o il Pixel di Meta (Facebook). Possiamo fare una considerazione simile per le app installate sui nostri smartphone.
Questa modalità è meno trasparente perché non è dato sapere nel dettaglio quali informazioni vengono raccolte.

Possiamo però farcene un’idea elencando cosa è in grado di fare un’app:

  • può riconoscere e interpretare ogni nostro gesto con le dita sullo schermo;
  • può intercettare l’utilizzo dei pulsanti del dispositivo;
  • può conoscere la nostra posizione geografica;
  • può accedere ai contatti della nostra rubrica, alla galleria fotografica, ad alcune cartelle;
  • e altro ancora.

 

Se escludiamo le pratiche scorrette di chi spia gli utenti senza autorizzazione, generalmente ci viene chiesto un consenso per l’accesso a determinate informazioni. Ciò nonostante, per utilizzare le app, spesso siamo obbligati a fornire tale consenso, anche se i dati raccolti non sono pertinenti con le funzioni che ci interessano.

Uno scenario nel quale tutti potremmo ritrovarci

Siamo sul nostro social network preferito e l’app ci osserva mentre compiamo queste azioni:

  • facciamo uscire velocemente dallo schermo un post sponsorizzato;
  • ritorniamo poi sui nostri passi e lo riportiamo in mezzo allo schermo;
  • guardiamo alcuni secondi del video associato;
  • espandiamo il testo che lo accompagna;
  • ci fermiamo ancora quale secondo e poi lo cacciamo via definitivamente.


Da tutto questo il social network potrebbe dedurre che siamo interessati ai contenuti che riguardano quello specifico argomento. Ogni nostra azione ha un peso e può rivelare qualcosa di noi.  

A COSA SERVE PROFILARE LE PERSONE?

Le informazioni di profilazione conferiscono a chi le detiene un grande potere, che può essere usato sia a favore che contro la persona cui si riferiscono.

Facciamo due esempi diametralmente opposti:

  • un venditore che conosce i gusti e le necessità di una persona può proporre in modo estremamente efficiente i prodotti e i servizi più adatti; 
  • un ladro che conosce le abitudini di una persona può sapere quando è meno rischioso intrufolarsi nella sua abitazione.

Tolti i casi limite, nei quali vantaggi e svantaggi sono ben chiari, ce ne sono un’infinità nei quali è più difficile capire se la profilazione è qualcosa che volge a favore o a sfavore della persona.

Alcuni esempi di profilazione

1. I motori di ricerca e i social network sono molto esperti nella profilazione, tant’è che al loro interno troviamo sempre contenuti molto allineati ai nostri interessi. Spesso sono così allineati che ci precludono a priori l’accesso a contenuti alternativi dai quali potremmo ricavare soluzioni diverse alle nostre necessità. Questo fenomeno, chiamato “filter bubble”, ha numerosi effetti sull’individuo in quanto riduce la sua finestra di conoscenza e di opportunità.

2. Un e-commerce può utilizzare i dati di profilazione del cliente per proporgli i prodotti più pertinenti. Se raccoglie sufficienti informazioni, può selezionare offerte che sono, in base al proprio tornaconto, più allineate con il reddito dell’utente. Così facendo potrebbe privarlo della possibilità di scegliere tra opzioni più in linea con il suo reale desiderio.

3. Un’azienda di recruiting può profilare i candidati per offrire loro le migliori opportunità lavorative. In alternativa, può usare gli stessi dati per evitare alle aziende che ricercano personale di incorrere in soggetti potenzialmente “pericolosi”.

Ciascuno di questi casi può essere osservato da più punti di vista ed essere interpretato come qualcosa di positivo o negativo.

Il problema sta nel fatto che il metodo che esegue la profilazione e talvolta applica scelte preventive in nostra vece, se difettoso o sbilanciato, può andare a svantaggio della persona profilata.  Negli scenari proposti, gli effetti risultanti possono essere che la persona profilata con una procedura scorretta si ritrovi nell’impossibilità di accedere a un contenuto, a un prodotto o a un lavoro.
Tali effetti costituiscono una limitazione dei diritti e delle libertà delle persone, ed è per evitare ciò che dobbiamo innanzitutto riconoscere l’importanza dei dati personali.

SIAMO QUINDI ALLA MERCÈ DI CHI CI VUOLE PROFILARE?

La profilazione dei dati personali è uno strumento potente che può essere usato sia nel bene che nel male. Possiamo dire che non va combattuta a prescindere ma va compresa e, nei limiti del possibile, controllata.

In aiuto del cittadino c’è il Regolamento Europeo per la Protezione dei Dati (GDPR). Al suo interno definisce il concetto di profilazione, descrive gli obblighi per chi vuole praticarla e i diritti dell’utente:

  • ogni attività di profilazione deve essere comunicata in modo trasparente attraverso l’apposita informativa privacy;
  • il consenso deve essere richiesto nei casi previsti;
  • i dati raccolti possono essere utilizzati per le sole finalità dichiarate;
  • le informazioni possono essere conservate per un tempo limitato.

L’obiettivo del regolamento è far sì che dalla profilazione non derivi un danno alla persona o una riduzione dei suoi diritti e delle sue libertà.

Dato che la maggior parte delle profilazioni avviene sul web, particolare attenzione è richiesta proprio in questi ambiti.
L’occhio del garante per la privacy è vigile in special modo quando la profilazione viene effettuata:

  • con un trattamento automatizzato;
  • su dati sensibili;
  • su categorie di persone considerate più vulnerabili, quali i minori e gli anziani.

SI PUÒ ESERCITARE UN CONTROLLO SULLA PROPRIA PROFILAZIONE?

Al netto di quanto dichiarato nelle informative, per l’utente è quasi impossibile sapere nel dettaglio quali sono i dati di profilazione raccolti durante la navigazione. Per questo motivo le uniche tre strategie da applicare sono:

  • Essere consapevoli e accorti: ciò significa che ogni volta che visitiamo un sito, invece di acconsentire frettolosamente alla profilazione, dobbiamo ricordarci che un pezzettino di noi verrà archiviato da qualche parte in un database. Quel pezzettino potrà esse utilizzato per noi o contro di noi.
  • Utilizzare strumenti idonei a prevenire la profilazione quali:
    – la navigazione in incognito, disponibile praticamente in ogni browser;
    – una VPN, che consente di navigare in completo anonimato.
  • Conoscere ed esercitare i propri diritti: se la profilazione è già cominciata, il GDPR riconosce all’utente privato
    – il diritto di accesso:  grazie al quale può chiedere di visionare il profilo che è stato creato su di lui;
    – il diritto alla rettifica e alla cancellazione: grazie al quale può chiedere che i suoi dati vengano modificati o rimossi.

CONCLUSIONE

Il web è una risorsa molto preziosa e pervasiva della nostra vita di tutti i giorni. Accedervi rimanendo costantemente in allerta per il timore di essere profilati non sarebbe certamente una buona pratica.

É più consigliato invece sviluppare una buona sensibilità sull’argomento. Nel momento in cui ci viene richiesto un consenso dovremmo domandarci se effettivamente, in quel contesto, la profilazione è appropriata e può darci dei benefici.

Con il progetto PersonalDOX vogliamo contribuire a rendere l’utente privato maggiormente consapevole di come vengono utilizzati i suoi dati, dei rischi e delle opportunità che questo comporta, fornendogli strumenti che gli permettano di essere protagonista della sua privacy.

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